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"Scegliere di essere chi si è, è guardare la vita di fronte."

Sal Giampino - Spiritualità
Nascita, morte e rinascita di Sal Giampino

Nascita, morte e rinascita

Miracolo della vita è la nascita, un evento differente per ogni Essere vivente che, però, ci comprende tutti nelle nostre unicità: umani e non umani. Nell’alternanza immediata dei due sentimenti cardini di Paura e Amore, nasciamo con l’idea di morire, perciò il nostro fondamento spirituale si basa essenzialmente sulla Paura che viene sconfitta dall’Amore materno, in primis, attraverso un gesto di accoglienza sul suo seno: l’abbraccio; e attraverso il primo odore, esterno all’utero, percepito dal corpo del neonato: il profumo dell’Amore che è pelle della mamma e contatto vitale.

Profumo e contatto che stimolano l’immediata produzione di endorfine, sostanze che conducono a “Quiete“, soddisfacimento emozionale e gioia. Ciò, ovviamente, solo nei tantissimi casi fortunati di reciprocità emozionale in cui, comunque, il pensiero di morte e la Paura, nel nascituro, rimangono latenti, seppure combattuti dall’Es già attivo. Ma, anche, nella considerazione di una mancata risposta psico-sensoria, il pensiero di morte si radica più fortemente e diviene, nel tempo, “Credenza della morte“.

Il momento della nascita, quindi, accomuna tutti gli Esseri viventi, umani e non umani, nel vissuto di esso. Per ciò che riguarda gli Esseri umani, in particolare, interviene lo strumento dell’intelligenza che è il più grande capitale in nostro possesso, se utilizzato nella giusta direzione che conduce al potere del Sé.

Al contrario, l’intelligenza stessa, se mantenuta nell’insipienza, o nell’incoscienza; e nell’addomesticamento accondiscendente, diviene potentemente attiva nel creare menzogne limitanti e credenze che sfociano nei disagi del corpo e, infine, nella morte.

La “Credenza della morte” è inutile, da morire, alla vita: è nociva, è noiosa, ed è un handicap mortale per la ricerca della nostra felicità, unica “mission” terrena nella vita d’ognuno di noi. Gli Esseri umani sono immortali per loro natura, ma decidono di abbandonare il proprio corpo terreno motivandosi attraverso tre ragioni fondamentali: “La Noia, l’Insuccesso, le Malattie“. Sono tutte ragioni comprensibili, no? Chi mai desidererebbe protrarre all’infinito miserabili stati di sofferenza? Nessuno! Senza salute, successo e felicità, la longevità, l’immortalità, non sono desiderabili. Ma occorre riflettere sul fatto che il desiderio inconscio di morte, o il pensiero di ineluttabilità di essa, non siano, appunto, la chiave e il motore che conducono a sentirsi malato e miserabile. L’Essere umano, in Spirito, in quanto discendente da una forza divina e immortale, è divino e immortale anche lui, compreso il suo corpo che, però, è lo strumento esperienziale per poter vivere le tre ragioni fondamentali di cui sopra. La “Noia” è la faticosa repressione immanente, non dinamica, di pensieri negativi originati dal “Rumore Mentale”, e la sua efficacia è tale da condurre verso lo stato di “Insuccesso“, nel senso di non-successo: “Non Accaduto“. E se nulla accade nell’esistenza terrena, in direzione della felicità, sopravvengono, per attrazione riflessa, i disagi fisici e le “Malattie“. Anche quelle mortali.

La pratica del Rebirthing ha la capacità di sciogliere i pensieri repressi, portarli alla luce, e trasformarli in interesse e curiosità per la vita attraverso il “Respiro Circolare Consapevole” che ottiene, così, una veloce detossinazione della potentissima memoria cellulare, consentendole di portare a galla eventi, in questa o in altra precedente vita – prenatali, neonatali e postnatali – che hanno dato origine a stati di disagio che si sono radicati; e che costituiscono, così, il format sofferente della nostra esistenza.

L’Essere umano è sotto la tirannia di una “Mente bugiarda“, questo lo sappiamo, ed è costantemente spinto verso l’idea incontrovertibile della morte. Prendere coscienza di questo può aiutarci a comprendere quanto l’azione del Potere del proprio Sè sulla mente possa attivare e sostenere l’idea di immortalità. Migliaia di casi di “ritorno dalla morte” ci confermano in questa convinzione. Pensate… “Se si torna indietro da uno stato di morte fisica accertato scientificamente, riuscendo a portare con sè il ricordo di ogni attimo vissuto nell’aldilà: emozioni, sensazioni, visioni, vuol dire che la forza vitale della mente sopravvive, in quei minuti di assenza di vita, alla vita stessa del corpo“. Questa è la prova che l'”efficacia” della morte fisica è stata da sempre, e di gran lunga, sopravvalutata. Dunque, siamo spiritualmente immortali e il nostro corpo è solo un vestito sensoriale e percettivo che ci accompagna nelle esperienze della vita fisica, che è conoscenza capace di arricchire la nostra Anima che conosce già tutto, ma che ha la necessità di ricordare il tutto dimenticato, arricchendosi ancora per una prossima esperienza di vita che, con molta probabilità, sceglierà di fare in una diversa direzione di nuova conoscenza.

La morte è dunque evitabile? Non solo. La morte non esiste!

Ciò che esiste e che, purtroppo ci sopravviverà, anche al di là della nostra volontà, è la Coscienza dell’idea di morte. Una coscienza incoscia e immortale che risiede nel nostro Ego controllore e produttore della realtà della morte per auto-suggestione. Siamo Esseri divini, perfetti e immortali perché nati da un’entità divina, perfetta e immortale. Perché mai dovremmo essere mortali? La scienza psicosomatica ci ha già rivelato da anni che le nostre “Credenze” influenzano il nostro stato di salute fisica. Chiedetevi quale valore può avere credere nell’idea di morte, mentre, contemporaneamente, ci auguriamo costantemente di vivere una vita in buona salute. Questa contraddizione è alla base delle espressioni di controllo dell’Ego e della vitalità felice dell’Es. Una contraddizione che, comunque, ci conduce alla morte per auto-imposto pregiudizio.

Il solo pensiero condiviso e massificato nella normalità del sociale, che la morte sia la coerente conclusione della vita fisica, già ci uccide. Perché ciò che ci uccide non è la morte, ma la “Credenza della morte“. Se avessimo la costante capacità di entrare e rimanere nel pensiero positivo di Credenza nell’inutilità della morte, saremmo immortali. La morte è una consuetudine inutile, una cattiva abitudine di cui nessuno riesce a fare a meno per credenza, ma anche per educazione ed eredità. Siamo educati, fin dalla nascita, all’idea di morte. E questo è spiritualmente fondato nella nostra socialità. Se avete mai vissuto lontano dalla vostra terra di origine, conoscerete una consuetudine verbale che è dimostrativa di ciò: “Siete tornati a casa, nella vostra città per pochi giorni, incontrate amici e parenti. Le principali domande che vi verranno rivolte saranno solo due: “Quando sei arrivato? Quando parti?” L’idea di arrivo>nascita, l’idea di distacco>morte sono la sostanza delle relazioni umane. Il senso ereditario del pensiero di morte, poi, ci viene tramandato dai genitori, dai nonni e dai parenti tutti, attraverso l’idea che, in fondo, la morte, sia la giusta conclusione di una vita vissuta nella credenza di una divinità superiore che ci accoglierà premiandoci. E le convenzioni religiose confermano e si appropriano di questa credenza per farne potere di gestione delle vite umane e della loro aspettativa di “salvezza” dell’Anima, dall’infanzia alla senilità.

La senilità, che produce il riaffiorare prepotente della “Credenza della morte” sempre latente, è il frutto del trauma della nascita che raccoglie in sé e conserva per anni – almeno cinquanta – il pensiero di autodistruzione attraverso l’accettazione della “Credenza della morte“. La senilità può capitare, spesso, ma mai per caso, anche nei giovani, ma si riesce, il più delle volte, a metterla a tacere attraverso le emozioni vitali della stessa giovinezza. Tranne in alcuni casi di suicidio giovanile in cui l’idea di senilità e di raggiunta inutilità della vita, assumono un ruolo preponderante e di potere incontrollabile. Auspicherei l’utilizzo della pratica del Rebirthing in tutte le scuole di ogni ordine e grado, per concedere consapevolezza di vita, e Amore di Sé, a tutti i giovani in viaggio verso la costruzione creativa del proprio futuro, partendo da un “Adesso” cosciente e condiviso nel potere del Sé. Ma questo è un sogno personale, probabilmente inattuabile, per altri chissà quanti decenni. La verità è che la morte dell’Essere umano è in realtà un vero e proprio suicidio programmato dalla società e dagli stessi Esseri umani nella loro singolarità, e nel loro Noi. La verità è che la potente “Memoria Cellulare“ che porta con sé e contiene la “Credenza della morte“, parte dal momento che dovrebbe essere il più gioioso della nostra esistenza, la nostra nascita, e che, invece, è il primo atto della costruzione della nostra morte fisica.

Il Rebirthing è un momento di rinascita ad una vita ancora non consapevolizzata; è un momento che tralascia l’idea di inutile senilità, instaurando un pensiero di immortalità spirituale e del corpo, destrutturando l’atrofia dei sensi, dello stesso, che ognuno di noi ha strutturato fin dall’infanzia attraverso una respirazione congestionata.

L’idea di immortalità fisica è ancora un tabù; una pressione costante della vita sociale; un sovraccarico di normalità che viene interiorizzato e produce disagi, malattie e morte. Abbandonare le zavorre emozionali (Spazzatura Mentale) dello Spirito e dei corpi, per mezzo del “Respiro Circolare Consapevole“ e del Rebirthing ci può condurre – nella “Rinascita” – verso quella libertà spirituale e verso quella grande purificazione che è cosciente condivisione planetaria di immortalità. La filosofia immortalista, di cui sono convinto e attivo assertore, è dunque l’espressione più naturale e gioiosa della nostra attiva ricerca di “d’Io“: quella parte di divinità che ci ha condotto a vestire questo nostro corpo fisico nella certezza di un ritrovamento del Sé che ancora manca al nostro ricongiungimento con l'”Entità Divina Superiore“ esplosa e propagatasi, sui livelli sub-atomici, con quello che la scienza ha definito “Big Bang“.

Ma di questo parleremo una prossima volta.

*LA PROFESSIONE DELL’OPERATORE OLISTICO è una libera professione di cui alla legge 4/2013