
“Senza amore che senso ha...” Mors et Vita – Musical al Teatro Impero
“Salam aleikum, aleik Salam!” - “Namu miò, orenghe chiò.” - “Shalom alecha, gam lechà!” - “Om Namah Shivaya!” - “Go mbennaì Dia, Go mbennaì Dia’s Muire dhuit!”. E potremmo continuare a salutare i nostri spiriti religiosi in tanti altri idiomi e formule da riempire la pagina. Fermiamoci un po’ a riflettere, però.
Cosa vuol dire questo? Significa forse che quello cristiano non è l’unico Dio? Esistono mille altre idee di Dio, da quelle integrate in una cultura corrente, a quelle dimenticate di popolazioni fors’anche, ancora sconosciute. Non possiamo certamente dire che il Dio dei cattolici sia l’unica icona antropomorfa o no, che l’uomo nel mondo ponga ad elemento di culto e di rispetto morale della propria e delle altrui vite. Abbiamo assistito ad uno spettacolo degno di questo nome, dove attori, cantanti, ballerini, tutti rigorosamente volontari amatoriali, tranne rare eccezioni, hanno profuso il loro sentire emozionale in una storia conosciuta e riconoscibile, adeguatamente messa in scena nella settimana di Pasqua da un cast, coreografa e regista che con un intenso lavoro di preparazione sono giunti ad una partecipazione e ad un successo di pubblico meritato, quanto sperato. Da secoli assistiamo alla rappresentazione di un avvenimento che ha segnato l’umanità rendendogli la vita colma d’amore e di regole da rispettare. Così come avviene, però, per altre migliaia di religioni e culti che in una società aperta, amorevole e multirazziale com’è considerata ormai da tempo la nostra, dovrebbe essere evidente. Godo della vista di bellissime ragazzine in chador o in semplice velo a guarnire il volto, attraversare tutti i giorni le nostre strade più conosciute. Mi rammarico che le stesse non abbiano potuto godere di uno spettacolo artisticamente e semanticamente più moderno. Uno spettacolo che vedesse un Cristo nero in croce, ad esempio, come molti da tempo suggeriscono che possa essere stato nella realtà. O meglio, una rappresentazione più ecumenica e non così riduttiva di uno status religioso chiuso e fermo all’arcaica concezione che esista un solo Dio, quello dei cristiani. Il Dio assoluto è dentro ogni essere vivente e non può avere una collocazione così ghettizzante come la condivisibile e scenicamente pregevole produzione teatrale di questa sera ha voluto confermare. Io proporrei di lasciare alle istituzioni ecclesiastiche rappresentazioni così riduttive della spiritualità umana. Perché proprio credendo in un Gesù “uomo santo” capace di portare un messaggio pacificatore all’umanità, non posso immaginare che non ugualmente abbiano agito un Bhudda, un Maometto o uno Shiva o tanti altri di quegli uomini santi, meteore di spiritualità che hanno attraversato e arricchito la storia del mondo. Prendiamoci, noi laici, il dovere di condividere con neri, gialli, rossi, nordici, africani, asiatici, giapponesi, cinesi e quanto di tutta umanità possa offrire il pianeta, un’idea di Dio universale. Un Dio capace di abbattere ogni barriera ideologica, un Dio che possa anche non essere un Dio ma possa manifestarsi come visione spirituale illuminante di una divinità che è già in noi fin dalla notte dei tempi. Adoriamo il Dio che è sempre stato dentro di noi. Amiamo noi stessi e sarà facilissimo amare gli altri, tutti gli altri esseri viventi: uomini, bestie, piante, minerali che nella loro forma fisica erano e sono presenti in Dio e nell’idea di un Dio personale capace di abbracciare con uguale intensità ogni cosa e ogni cittadino del mondo. Non barrichiamoci dietro una rappresentazione aliena perché questo, e solo questo, porta alla guerra dei popoli. Concludo complimentandomi ancora per il piacevole spettacolo musicale e indirizzando il mio personale plauso ad una componente del cast, Debora Messina - “Prisca” - veramente degna di rilievo artistico. Buone le esecuzioni musicali che hanno saputo sapientemente accompagnare gli accadimenti drammaturgici con supporti virtuosistici, di riconosciuta efficacia, provenienti da un bagaglio tecnico-culturale degli estremamente proficui anni settanta in cui Led Zeppelin, P.F.M. e King Crimson, solo per citarne alcuni, hanno già saputo esaltare le emozioni sensoriali di tutti i cultori dell’arte pop-rock. Un omaggio doveroso, direi citativo, è stato rivolto poi a Norman Jewison (Jesus Christ Superstar) e Mel Gibson (The Passion). Di buona qualità le scene, le luci e le coreografie, anche se un po’ ingessate in stilemi datati. I cori, alcune volte notevoli anche se non totalmente partecipativi alla scena. Uno spettacolo da “rivedere” per godere sempre meglio e di più di una indefessa spiritualità dell’uomo, malgrado le frustrazioni sociali e politiche cui tutti giorni andiamo incontro. Per cui: credere in un Dio comune a tutti i popoli senza costrizioni o prevaricazioni impositive, e in noi stessi…“ Se i nostri genitori si fossero convertiti al cattolicesimo prima che noi nascessimo, saremmo cattolici! I gruppi religiosi sono elitari cioè alimentano il concetto di diverso, così almeno sappiamo chiaramente chi dobbiamo odiare. Ti faccio un esempio, se viene massacrato un ebreo, ti disturba più che se viene massacrato un nero o un bosniaco?” – “Sì, perché gli ebrei sono il mio popolo.” - “Ma tutti sono il tuo popolo!” Woody Allen – dialogo con la sorella in “Harry a pezzi”. Buona Pasqua! Ma, senza amore che senso ha?
pubblicato su marsalace.it - Aprile 2009