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"Scegliere di essere chi si è, è guardare la vita di fronte."

Sal Giampino - Arti e Visioni
Buon brodo di tartaruga. Niente da dire di Sal Giampino

Buon brodo di tartaruga. Niente da dire.

C’è proprio niente da dire. Spettacolo riscaldato ma tiepido, adeguato alla temperatura atmosferica, ieri sera al teatro Impero di Marsala. Una commedia musicale d’altri tempi che, se chiudevi gli occhi… ti portava in altri tempi: gli ingenui e banalotti anni sessanta del boom economico, lontani dalla globalizzazione e dalle politiche del disimpegno di oggi.

Tempi quelli, in cui l’amore per Beatles e Rolling Stones, i western di Sergio Leone e la pipa riflessiva del commissario Maigret ci permettevano di far partecipare anche i nostri cervelli e di non subire “rotture di scatole…o di pacchi” tutte le sere. Alla fine, siamo tutti tornati a casa più giovani di trent’anni, quantomeno nei ricordi. A tratti mi sembrava di..... scorgere “er piccoletto” che, malgrado la sua famosa statura fisica, svettava alto nei cieli della storica rivista italiana, anche ieri sera. Le sue musiche, parlo di Renato Rascel, naturalmente, erano ancora vive, dolcissime, romantiche e semplici così come impone il genere di estrema evasione. E tutti quanti evasi, o meglio scappati a un temporale di forte intensità, ci siamo rifugiati ne “Il giorno della tartaruga” e nel suo guscio, sinonimo di casa e di focolare domestico, forse ormai tramontato, con Chiara Noschese e Christian Ginepro ottimi protagonisti dello spettacolo, e, per quanto riguarda lei, non per assunto genetico. Niente da dire, dicevo. Attori con professionalità e passione sufficienti a sostenere un dialogo con un pubblico marsalese sempre “meravigliosamente tiepido” che applaude al ritmo del sonno ipnotico del divano di casa al quale è sfuggito con un entusiasmo da “tappeto rosso”, e grandi doti tecniche, anche, proprio dei tecnici di scena che con un’efficacia degna del Sistina, hanno fatto piroettare simpaticamente e con un sincronismo perfetto le vetuste, e perciò adeguate, scene di Gabriele Moreschi, donandoci la dinamica impressione di guardare le sequenze di un film.

Grandi maestri, i due autori semiscomparsi, Garinei e Giovannini, e non perché ne resti solo uno, che forse avrebbero bisogno, udite udite “anatema su di me”, di una rinfrescatina ai testi. Negli anni sessanta ci saremmo e alcuni di noi, si sono allora, scompisciati dalle risate. Ieri sera abbiamo sorriso, e si sorrideva bonariamente compiaciuti di assistere ad un ottimo spettacolo al quale però mancava solo il bianco e nero per sentirsi spettatori di un “Ieri e oggi” o davanti al “cassone TV” dei tempi di “Studio Uno” e di Delia Scala, soubrette indimenticabile che portò in scena per anni questo stesso spettacolo con una grazia, un ritmo e un sex-appeal unici e mai più ritrovati. Talento artistico d’altri tempi come quelli di Bice Valori e Paolo Panelli o Raimondo Vianello e Sandra Mondaini, che ripresero per la TV commerciale, in seguito, questi temi di un ménage di coppia in crisi. Testi dicevo, allora scritti con la collaborazione e, scusate se è poco, di Massimo Franciosa e Luigi Magni, un po’ attempati a mio avviso, che potrebbero essere riadattati e modernizzati, magari solo nei particolari, per carità, mettendo dentro quel tanto di terminologia del duemila che possa attrarre e rendere partecipe anche un pubblico più giovane che, forse proprio per questo motivo, purtroppo, si allontana dal “genere” che meriterebbe ancora nuove fortune. Ed è la fortuna che è toccata a noi ieri sera quando la storica e mai curata “debolezza energetica” di Marsala ha costretto gli attori in scena a trasformarsi per un attimo in belle statuine mute. Il “colpo di scena” della mancanza di energia elettrica “prontamente” ripristinata con l’ausilio di gruppi elettrogeni, ha consentito, a mio parere efficacemente, di vivere due tempi di uno spettacolo che sarebbe stato “portato” al pubblico in modo più algido se così non fosse stato. Infatti, dal momento del “meno male che è tornata la luce”, la scena si è illuminata di nuovi lampi e, i due attori protagonisti con corpo di ballo, bravissimo ma un po’ canuto, hanno iniziato il vero spettacolo con rinnovata verve teatrale e con un ritmo che finalmente hanno fatto godere il pubblico di uno spettacolo che è valsa la pena di vedere. Non foss’altro che per la sua storicità artistica e per l’ottima preparazione professionale dell’intera compagnia della Rancia, dalla coppia di sposi in scena che ha espresso tematiche mai obsolete, fino all’ultimo, ma non per ultimo, datore luci.

Che altro dire? Niente da dire.

pubblicato su marsalace.it - Gennaio 2009