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"Scegliere di essere chi si è, è guardare la vita di fronte."

Sal Giampino - Arti e Visioni
Lettera a un pastore non errante, ma abusivo di Sal Giampino

Lettera a un pastore non errante, ma abusivo

(I Giganti della Montagna di Luigi Pirandello – Complesso Sanpietro – Regia di Massimo Pastore – Compagnia T.A.M.)

L’osmosi, questo tra-sudare energie, non solo liquide, di fatica, prove, riprove ed emozioni, cercando di superare intercapedini di spazi vuoti, strumenti elettronici ed elettrodomestici virtuali nel reale, oggi, sembra essere, la sola ragione del credere, del credersi esistenti. Ma è proprio questa ricerca di un “passaggio” verso il “Giardino dello Spirito” che infonde in ognuno la compiacenza dell’esistere nella libertà.

La proiezione del proprio Sé spinge con forza su questo muro plastico ed elastico che ti rimanda indietro ogni possibilità di viaggiarci attraverso, se non trovi e spingi su quel punto di rottura che è tanto fragile quanto ottusamente, pervicacemente versus. E la separazione, così, rimane costante come un colpo d’accetta mai accettato da alcuno che avesse l’intenzione struggente di creare lo scambio anzidetto. Per amore, per forza creatrice di un collettivo reale, nel reale che viene dal sogno.

E’ così che mi pongo difronte alla mia parsimoniosa volontà di una visione TV ormai computerizzata; ed è così che mi accorgo di voler comunicare, parlando alla mia gatta, chiedendole cosa preferisce per il pranzo di oggi, ascoltando nel suo “mihaeuu” la risposta mai cangiante ad una domanda pleonastica.

Allo stesso modo, mi pongo difronte a questo monitor per esercitare una mia personale, e non richiesta, missione sociale che mi vede impegnato, tra le altre cose, sul fronte dell’esercitazione dell’Intelligenza che, come diceva Jiddu Krishanmurti, è il solo istante capace di amplificare la capacità creativa dell’Essere Umano: “Sono, penso, dunque creo”.

Ed è qui che nasce l’esigenza spontanea di rivolgermi al “cimabue” di questa città: un Pastore che non erra per stanze paludate di promesse mai esaudite senza tornaconti, ma agisce in perfetta e integra indipendenza da ogni pensiero coattante.

Massimo Pastore musicista, attore, regista che sempre, in ogni occasione che mi sono trovato a rivivere, pone, con grande amore, davanti alla propria luce quella del suo personale “maestro” che in questa città ha posto le basi per una rivalutazione rifondante del Teatro vero, senza più, sole, uniche spazialità marginali dettate dal dialetto. Quel Michele Perriera, autore e regista teatrale cui tutti dobbiamo un plauso.

Il nostro Massimo “cimabue” esercita pienamente, a mio parere, l’arte dell’aggregazione culturale mai vinta nel superamento di ostacoli d’ogni genere. Esercita questa capacità coagulante nei confronti di una gioventù che, non sola, ma unica, ha la capacità di guardarsi allo specchio in maniera riflessiva; una capacità che sa trasfondere, poi, nell’impegno, nella partecipazione, nell’interpretazione del proprio Sé e dell’alterità tutta, visitata dai personaggi che divengono i fantasmi itineranti di un chiacchiericcio mentale che sviluppa il turgore delle menti nella loro capacità critica di ciò che avviene nel mondo e del suo perché.

Lunedì sera, al Complesso Sanpietro, abbiamo assistito a quest’ossessiva ricerca osmotica, a quella volontà di superamento di ogni barriera percettiva, così come è ricerca quotidiana nel mestiere d’arte dell’attore: “Comunicare”. Il merito di Massimo è quello identico dei suoi giovanissimi attori: un desiderio di trasformare i sogni in realtà definitive e definite.

A una città come questa, che io attraverso e vivo, nel mio personale cammino spirituale verso una nuova, metempsicosica esistenza, e dall’osservatorio privilegiato della critica senza giudizio e con amore, occorrono non trenta, ma mille giovani come questi e non una guida, ma mille guide – che di maestri siamo colmi – che sappiano perseverare nella pienezza dei loro ideali non ideologici così come fa, da sempre, l’amico Massimo Pastore.

Un amico sempre meno virtuale e sempre più vicino a un modo di vedere le cose che è azione con la A maiuscola, e mai speranza disperata di quel mancato trasferimento osmotico delle emozioni del vivere la cultura con la pienezza e con stupore.

Quello stupore che, su molti volti degli attentissimi spettatori, ieri sera, a Sanpietro, si è trasformato in pianto commoso.

“Ecco i giganti! Ecco i giganti!
Scendono dalla montagna!
Tutti a cavallo! Parati a festa!
Sentite? Sentite? Pajono i re del mondo!
Vanno alla chiesa per la consacrazione delle nozze!
Andiamo, andiamo a vedere!”

Teatro Abusivo Marsala